SPI-CGIL Lega 12 - Nichelino Vinovo Candiolo

      

 

TECNOLOGIA E SOCIETÀ
LEGITTIMI
EREDI

Con le nostre attività lasciamo in rete una grande quantità di tracce. Messaggi, foto, video, password, account, che definiscono la nostra identità digitale, non essendo beni materiali non vengono considerati ereditabili nel senso classico del termine. Ma che fine faranno questi dati una volta che noi non ci saremo più? Chi potrà accedervi? Chi potrà gestirli, conservarli o cancellarli?
Eridità digitale

Foto, video, messaggi, password, account, documenti... Ogni giorno, produciamo e lasciamo tracce on line che parlano di noi, navigando e usando vari servizi. Nel corso del tempo accumuliamo così un'enorme massa di dati, una sorta di identità digitale che può essere considerata un vero e proprio alter ego on line. Ma cosa succede a tutto questo quando non ci saremo più? Chi potrà accedere, gestire o cancellare i contenuti digitali? Insomma, a chi resterà la nostra vita on line? In un mondo dominato da dati, informazioni che corrono sul web il tema dell'eredità digitale si sta facendo lentamente spazio nel dibattito pubblico. Le nostre informazioni sono infatti beni immateriali digitali di valore e la loro trasmissione e gestione quando non ci saremo più è una questione fondamentale. È un ambito ancora recente, ricco di interrogativi sul piano giuridico, che si intrecciano con privacy, diritti civili, affetti e innovazione tecnologica. Un terreno complesso che coinvolge familiari, notai, fornitori di servizi e piattaforme digitali.

Una questione complessa. I dati digitali non sono beni materiali e non sempre sono trattati come ereditabili in senso classico. Alcuni contenuti,come le criptovalute o i file salvati nei cloud possono avere un valore economico. Altri, come le e-mail o i profili social, possono invece limitarsi soltanto a un valore affettivo o simbolico. Ma quale che sia il loro valore, non tutti i servizi permettono il trasferimento o l'accesso ai contenuti, nemmeno da parte degli eredi legittimi. In molti casi, infatti, tutto dipende dai termini di servizio accettati al momento dell'iscrizione. Alcune piattaforme social come Facebook, ad esempio, consentono di trasformare un account in un memoriale oppure di nominare in vita un contatto che eredita tutte le informazioni e le funzioni. Google permette invece agli utenti di attivare un gestore account inattivo, decidendo chi potrà accedere ai dati dopo un periodo di inattività. Ma in realtà sono ancora poche le piattaforme che mettono a disposizione questo tipo di servizi. Spesso, purtroppo, per accedere a dati e contenuti digitali, serve un vero e proprio provvedimento del giudice, passando magari per una lunga trafila legale.

Spesso per accedere a dati e contenuti digitali, serve un provvedimento del giudice, passando magari per una lunga trafila legale.

Un mare di dati. Nel frattempo, gli archivi digitali continuano a crescere, rimanendo nei server per anni. Ma ancora nessuno, o quasi, si pone il problema di lasciare indicazioni precise su cosa fare di tutti questi dati quando non ci saremo più. Così, quando una persona scompare, gli eredi si ritrovano a gestire la sua presenza digitale. Con il rischio che molti profili restino attivi per anni, che i dati sensibili vadano perduti, o, peggio ancora, che identità digitali vengano rubate e riutilizzate per truffe o furti di identità.

Costi ambientali. C'è poi un aspetto spesso trascurato: l'impatto ambientale dei dati digitali. I profili social, le caselle e-mail e gli archivi on line di chi non c'è più restano nei server, con un costo in termini di energia elettrica per alimentare i data center c raffreddare le macchine. Secondo alcune stime, il consumo per i dati inutilizzati rappresenta una parte crescente delle emissioni del settore digitale. Anche per questo, l'eredità digitale non è solo una questione di memoria o di privacy, ma anche di sostenibilità.

Il nostro patrimonio, ormai, non è più solo fisico. È fatto anche di memoria digitale. E va quindi trattato con la stessa cura.

Normativa frammentata. In Italia la giurisprudenza sta iniziando a riconoscere diritti successori sui dati digitali, almeno quando esiste un interesse familiare o patrimoniale. Il garante della privacy ha sottolineato più volte la necessità di regole chiare e strumenti accessibili, ma la normativa resta frammentata. Per questo è importante prepararsi per tempo. Conservare le credenziali in modo sicuro, nominare un referente di fiducia, lasciare indicazioni scritte su come gestire i propri account. Alcuni scelgono di redigere un testamento digitale, anche in forma privata. Serve anche parlarne in famiglia, come si fa per qualsiasi altro bene di valore. Perché il nostro patrimonio, ormai, non è più solo fisico. È fatto anche di memoria digitale. E merita di essere trattato con la stessa cura.

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