di Tania Per molte persone, la ripresa autunnale corrisponde quasi a un nuovo inizio. Il calendario degli appuntamenti - anche quelli sindacali - somiglia un po' a quello scolastico, e come accade nella prima settimana di gennaio, quando spesso si fanno promesse e ci si danno obiettivi, si considerano l'estate e la prima parte dell'anno qualcosa che è ormai definitivamente alle nostre spalle. È normale, alla vigilia della preparazione e della discussione sulla prossima legge di bilancio, che anche le preoccupazioni dello Spi siano orientate a quell'appuntamento, un appuntamento che, segnando la politica economica dei prossimi mesi, sarà decisivo (lo può essere positivamente oppure negativamente) per capire se i pensionati e le pensionate potranno contare su politiche utili a tutelare e migliorare il loro reddito, a migliorare il sistema delle protezioni sociali, a partire dalla sanità e dal welfare, a tutelare le giovani generazioni e il loro lavoro.
Prima di provare a mettere in fila gli elementi del quadro politico ed economico, è utile raccontare ciò che (quasi) nessuno racconta, cosi da comprendere le preoccupazioni che ormai abbiamo da tempo. E sono tali da imporci già da ottobre la continuità della mobilitazione. Ne parleremo certamente anche alla festa nazionale di LiberEtà, a Spoleto, il 24 e 25 settembre, dedicata alla pace, alla necessità, in un tempo duro e complicato, di costruire e tessere legarni, relazioni per guardare con speranza al futuro.
Non tutti coloro leggeranno questo numero di LiberEtà saranno appena rientrati dalle vacanze. Il nostro è un paese nel quale la condizione sociale delle persone sta peggiorando, come certifica l'Istat. Quasi la metà della popolazione non può permettersi alcun giorno di vacanza. Oltre quattro milioni e mezzo di persone rinunciano a curarsi. Più di due milioni e mezzo, di cui oltre il 40 per cento ha superato i 74 anni di età, vive in solitudine. Tanti faticano a ricevere un'assistenza adeguata. Le persone non autosufficienti sono più di tre milioni e gran parte di loro viene supportata da un caregiver o da una badante (il femminile è quasi d'obbligo in questo caso). La ricchezza si concentra sempre di più nelle mani di pochi e mentre la forza, la prevaricazione e le guerre commerciali stanno oramai diventando gli ordinari strumenti di relazione fra paesi, l'economia, il lavoro e il welfare non sono temi centrali nell'agenda politica. Assistiamo da mesi, inermi e a tratti assuefatti, a ciò che sta accadendo a Gaza, l'annientamento di un popolo, schiacciato dalla guerra e anche dalla fame.
Mancano politiche industriali per consentire all'Italia di rilanciare la sua specializzazione manifatturiera nel nuovo ordine mondiale; manca una seria riflessione su come la politica dei dazi possa trovare sistemi di difesa per le ricadute che gli stessi avranno per aziende e cittadini, manca una decisa inversione di tendenza rispetto a scelte che hanno impoverito il lavoro, peggiorato il sisterna delle pensioni, peggiorato il ruolo del servizio sanitario nazionale a vantaggio dei sistemi privati.
Abbiamo passato mesi fra le persone per la campagna referendaria. Un referendum che non abbiamo vinto e con il quale non siamo riusciti a migliorare le norme sul lavoro e sulla cittadinanza. Ma quei mesi ci hanno consegnato l'immagine e la forza di un paese che non si arrende e che intende continuare a lottare per la dignità del lavoro e la giustizia sociale. È quella che chiamiamo e chiameremo agenda sociale. Lavoro, contrasto alla precarietà, pensioni, tutela del potere d'acquisto, fisco giusto. Torneremo tra le persone con le nostre idee di sviluppo e di rilancio economico, con proposte che combattano illegalità, corruzione, evasione fiscale e speculazioni economiche, che chiedano a chi fa profitti di redistribuirli a chi ha contribuito a generarli. Perché vogliamo una società a misura di anziani e giovani.