SPI-CGIL Lega 12 - Nichelino Vinovo Candiolo

      

 

NEWS
L’angolo di storia sacra. Piccola storia del presepe.

Articolo scritto dal Prof. Giulio Reggiani.

Natività Catacomba di Priscilla a Roma

Per analizzare dal punto di vista storico il presepe come rappresentazione della Natività, io partirei dapprima dall’analisi della parola. Il termine deriva dal latino praesaepe che significa letteralmente recinto chiuso -etimologicamente, da prae (davanti) + saepe (recinto)- ma ha sempre parimenti avuto l’accezione di greppia o mangiatoia. Proprio questo secondo concetto è quello che ci riporta alla figurazione della nascita di Gesù. Oggi con la parola presepe ci si riferisce ad un “allestimento scenico” della nascita di Gesù, costruito con svariati materiali e con ambientazioni diverse; non lo si realizza soltanto nelle chiese, ma anche e soprattutto nelle case qualche giorno prima dell’arrivo del Natale, lasciandolo fin oltre l’Epifania. L’ambiente di oltre duemila anni fa viene ricostruito il più realisticamente possibile – ma in certi casi anche in modo La Natività rappresentata anacronistico – con le scene della Natività e nelle Catacombe di Priscilla a Roma. dell’Adorazione dei Magi. In senso più generico, presepe significa “qualsiasi rappresentazione iconografica della nascita di Cristo”.

Ma si dice presepe o presepio? Qual è il termine più esatto?

Su quale sia la forma precisa da usare in italiano, il dubbio esiste da tanto tempo e riguarda un po’ tutte le regioni. La distinzione è assolutamente minima e non è ricollegabile all’evolversi di una forma dialettale. I due vocaboli sono ugualmente corretti e si possono usare indistintamente, poiché hanno identica radice e medesimo significato. Qualificata conferma ce la dà uno dei padri della lingua italiana, Alessandro Manzoni, che nella poesia “Il Natale” (uno dei suoi cinque Inni Sacri) usa entrambe le parole.

Ma quali sono state le prime rappresentazioni del Natale?

La tradizione consolidata ci porta al secolo XIII allorché San Francesco, al ritorno dalla Terrasanta, nel 1223 volle rappresentare l’intera ambientazione della Natività a Greccio (piccolo Comune del Lazio, oggi in provincia di Rieti) dove aveva fondato un monastero. Come aveva visto fare in modo contenuto a Betlemme l’anno prima, volle ripetere la scena. Vediamo brevemente cosa accadde. Come accennato prima, l’idea era venuta a San Francesco durante il Natale dell’anno precedente a Betlemme e, tornato in Italia, chiese a Papa Onorio III di poter ripetere le celebrazioni per il Natale successivo.

Siccome a quei tempi le sacre rappresentazioni non si potevano tenere in chiesa, il Pontefice gli permise di celebrare una messa all’aperto. Gli abitanti del paese parteciparono attivamente così come i frati, i quali con le fiaccole illuminarono tutta la scena notturna; inoltre all’interno della grotta fu inserita una mangiatoia (piena di paglia, ma senza il Bambinello) con accanto il bue e l’asinello. Così quello fu il primo “presepe vivente” e divenne l’archetipo di tutti i presepi, anche di quelli attuali: una tradizione che si rinnova ancor oggi in piccoli e grandi centri, dove ci si adopera per rievocare la Notte Santa.

Però il primo presepe con tutti i personaggi evangelici risale al 1283 ad opera di Arnolfo di Cambio, scultore, il quale scolpì otto statuine lignee che rappresentavano la Natività e i Re Magi. Tale presepio è ora conservato nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Inizialmente questa rappresentazione natalizia prese piede in Toscana, ma si diffuse rapidamente nel vicino Regno di Napoli. Infatti tra il ‘600 e il ‘700 gli artisti partenopei decisero di introdurre nell’ambiente della Natività svariati personaggi della vita quotidiana, cioè individui legati a mestieri ed occupazioni. Ancor oggi questa città detiene il primato italiano in termini di tradizione, curiosità e innovazione: infatti, nelle apposite bancarelle, si possono acquistare molte statuette dei “vip” del momento, o dei politici più conosciuti, come pure dei “big” dello sport -particolarmente del calcio- da inserire nel presepe.

Ci sono però anche parecchi presepi “regionali” con grandi tradizioni artistiche; ne citerò soltanto due, i più “antichi” e i più creativi, per l’inserimento di personaggi popolari, di ambienti e di lavoratori: il presepe bolognese, con persone (in terracotta, cartapesta, legno o gesso) scolpite interamente, compresi gli abiti, e il presepe genovese (in legno, ceramica o carta) posizionato tra i vicoli del centro cittadino dove vengono poste le statuine. Il più vicino a noi è il presepe bolognese che vanta una tradizione plurisecolare risalente al Trecento italiano.

Molte fonti ci dicono che nella Basilica di Santo Stefano a Bologna sia conservato il più antico presepe al mondo, con statue a “tutto tondo” databili addirittura al XIII secolo. Nel presepe bolognese sono stati aggiunti alcuni personaggi tipici: la Meraviglia (raffigurata come una donna che, in segno di stupore, è a braccia aperte), il Dormiglione (che dorme in disparte, in un angolo) e, più recentemente, la Curiosa. Ma le raffigurazioni pittoriche della nascita del Redentore si possono datare molto tempo fa, addirittura nel II e III secolo d.C., cioè ben prima del Medio Evo: infatti i cristiani dipingevano – oppure scolpivano – le scene della nascita di Cristo nei luoghi dei loro incontri, cioè nelle catacombe romane.

Oggi la figurazione testimoniale più antica la troviamo nelle “Catacombe di Priscilla” sulla via Salaria a Roma, databile al III secolo d.C.; successivamente, quando il Cristianesimo uscì dalla clandestinità, le immagini della Natività cominciarono ad arricchire dapprima le chiese poi, dal ‘200, si cominciarono a scolpire le prime statue in varie dimensioni. Anche i pittori iniziarono a dipingere le pareti ecclesiali con le loro opere d’arte: fra i numerosissimi grandi maestri che si dedicarono a questo tema, citerò soltanto due quadri, i più famosi: La Natività di Giotto e L’adorazione dei Magi di Botticelli. Quest’ultimo, mi fornisce lo spunto per terminare con i Magi; tutti noi li ricordiamo come Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Ma l’unico testo che riporta i loro nomi è il Vangelo apocrifo armeno, il quale chiama i Magi come Gaspar, Melkon e Balthasar. Si trattava di sapienti, al limite tra potere regale e sacerdotale. Arrivo dei Re MagiOltre a ciò, il loro numero non venne fissato dagli evangelisti, ma fu assegnato da San Leone Magno. Molti esegeti moderni dei Vangeli affermano che essi rappresentano le tre età dell’uomo, gioventù, maturità e vecchiaia: in pratica costituirebbero la metafora della vita, cui è destinata ogni creatura vivente. Inoltre i doni dei Magi vengono interpretati come riferimento alla duplice natura di Gesù e alla sua regalità spirituale: l’incenso, legato alla sua natura divina, la mirra, per il suo essere uomo, l’oro, come dono riservato ai re.

Concludo con una curiosità semantica: il termine Magi viene sempre usato al plurale e vi spiego il perché. Formalmente, il suo singolare sarebbe mago che al plurale fa sia maghi che magi (anche se quest’ultima forma è ormai desueta). Allora, per evitare ambiguità, quando si parla di quei celebri Re Orientali, si usa sempre la parola “Magi”.

LIBERETÀ dicembre 2024