SPI-CGIL Lega 12 - Nichelino Vinovo Candiolo

      

 

Primo piano
DIARIO
DI UN FALLIMENTO
   di Giorgio nardinocchi

Nonostante la narrazione del governo presenti un'Italia in piena rincorsa, la crisi economica morde ancora la carne viva del paese: le fabbriche delocalizzano o chiudono, si perdono posti di lavoro, i salari diminuiscono, cresce la povertà, i giovani vanno all'estero.

L’enorme insegna della Candy, visibile dall'autostrada all'altezza di Brugherio in Brianza, a luglio spegnerà per sempre le sue luci. La storica fabbrica, che segnò l'età del boom, non produrrà più lavatrici. E nessuno dirà "grazie Candy", come la canzoncina della pubblicità che aiutò il cavalier Peppino Fumagalli a inondare di elettrodomestici le nostre case. Quando i figli vendettero lo stabilimento alla cinese Qingdao Haier per 475 milioni di euro, nessuno dei cinquecento operai si fece illusioni. Ma una fine così non se l'aspettavano davvero. E non sono i soli. Negli anni Sessanta il distretto brianzolo degli elettrodomestici dava lavoro a migliaia di persone, oggi fa i conti con una marea di disoccupati, cassintegrati ed esodati. Nel cuore produttivo della Lombardia si calcola che siano stati persi circa 45 mila posti di lavoro. Una catastrofe sociale oltre che economica.
È la stessa aria che tira a Torino davanti ai cancelli di Mirafiori. Al picchetto del sindacato racconta Carlo Ruggiero su Collettiva, il portale della Cgil volano parole di fuoco contro Stellantis. Il quartiere si svuota, i negozi chiudono, la povertà aumenta. «Nel 2023 producevamo 85 mila auto, oggi appena 25 mila dice il delegato della Fiom. In tutto il settore auto si registra un calo della produzione di oltre il 20 per cento dal 2023 e un massiccio ricorso alla cassa integrazione. In cinque anni le aziende passate in mani straniere sono state più di 1.700. Nei primi tre mesi del 2024 ne abbiamo perse ottantaquattro.
La Fiat ha aperto stabilimenti in Polonia, Serbia, Russia, Brasile, Argentina, Geox in Brasile, Cina e Vietnam. Bialetti è andata in Cina, Omsa in Serbia, Benetton in Croazia, Calzedonia in Bulgaria. E parlano ancora di made in Italy...

La grancassa mediatica del favoloso mondo di Giorgia Meloni trova sempre diversivi per parlare d'altro: notizie inventate, viaggi all'estero, bugie, pettegolezzi, riscrittura della storia

La lunga lista. La crisi della manifattura ha investito tutti i settori, dalla meccanica all'abbigliamento, alla moda: licenziamenti, cassa integrazione, delocalizzazioni, deindustrializzazioni. Sul tavolo del ministro dell'Industria, che per capriccio identitario si chiama del made in Italy, la lista delle aziende in crisi si allunga di giorno in giorno e il numero dei lavoratori appesi a un filo ha già superato i 120 mila. La produzione industriale è in rosso da due anni e costa quasi un punto di Pil. Nei primi mesi dell'anno, la cassa integrazione è aumentata del 30 per cento. Cosa ha fatto il governo Meloni per arginare questa crisi? Poco e male. Le agevolazioni per favorire la transizione digitale delle imprese (Transizione 5.0) si sono rivelate un fiasco. Il decreto bollette ha escluso le aziende dagli aiuti per fronteggiare il caro energia. Il Pnrr. che doveva essere la nostra ancora di salvataggio, è stato un buco nell'acqua. E la mannaia dei dazi dell'amico americano" non farà che peggiorare la situazione.

Il paese nascosto. Nel favoloso mondo di Giorgia Meloni la grancassa mediatica trova sempre diversivi per parlare d'altro: viaggi all'estero, pettegolezzi, notizie inventate, polemiche artificiose, bugie, riscrittura della storia. Tutto pur di nascondere lo stato reale del paese. I salari – ha detto l'Organizzazione Internazionale del Lavoro-hanno perso l'8,7 per cento di potere d'acquisto negli ultimi diciassette anni. Nessuno in Europa ha fatto peggio. Nel frattempo, i prezzi degli alimentari crescono più di quanto ci dicono, e le bollette sono le più care d'Europa. A marzo i prezzi al consumo sono saliti del 2,1 per cento e le voci acqua, abitazione, elettricità e combustibili registra un balzo del 6 per cento. Significa che non riusciamo più a riempire il carrello come facevamo qualche mese fa. Secondo la Cgil, l'inflazione si è mangiata il 32 per cento del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni. Se ieri servivano 5,4 mensilità per comprare una Fiat Panda, oggi ne servono quasi nove.

Le soluzioni per arginare la situazione c'erano e tutto si doveva fare tranne che cancellare il reddito di cittadinanza e dire no al salario minimo

Le priorità del governo. C'erano le soluzioni per arginare questo sci-volamento in basso della condizione operaia? Certo che c'erano, ma il governo più sovranista della storia pensa a far arricchire l'amico Trump comprandogli le armi e spostando in Usa capitali e produzioni italiane. E intanto da noi la povertà dilaga. Tredici milioni e mezzo di persone secondo l’Istat non riescono ad affrontare una spesa imprevista non possono permettersi un pasto adeguato, sono in arretrato con l'affitto e rinunciano a curarsi. Tutto si doveva fare in un paese così tranne cancellare il reddito di cittadinanza. Tutto si poteva fare tranne dire no al salario minimo. In un paese dove dilagano la precarietà e il lavoro povero, un governo responsabile non avrebbe sabotato i referendum della Cgil ordinando alle Tv di non parlarne. Si vogliono lasciare i lavoratori senza diritti, con bassi salari e costretti ad accettare lavori in nero e senza contributi.

Gli autogol di Meloni. La grancassa mediatica di TeleMeloni ripete all'infinito il ritornello sul record storico di occupati. Ma nasconde che siamo primi in Europa per donne e giovani senza lavoro per part-time involontario, per lavoro povero, per lavoro nero ed evasione contributiva. Ma vogliamo parlare degli autogol che Meloni si sta facendo nelle partite identitarie? Prendiamo natalità e tasse. Abbiamo toccato il minimo storico della natalità (solo 370 mila nuovi nati nel 2024): in Europa siamo quelli che facciamo meno figli. Cosa ha fatto Giorgia Meloni per permettere ai giovani di realizzare il loro desiderio di maternità e paternità? Ha aumentato il salario minimo? No. Ha costruito più asili nido? No. Ha ridotto il divario salariale delle donne? No. Ha aiutato le famiglie con tanti figli? No, anzi le ha rese più povere. Con lei al governo le famiglie numerose in povertà sono cresciute dal 32 al 34,8 per cento.

espatriare

Giovani abbandonati. Ma non è solo una questione di fecondità. L'autogol che fa più male è l'abbandono al proprio destino di tanti giovani che lasciano l'Italia per cercare altrove migliori occasioni di vita e di lavoro. Nel 2023 gli italiani espatriati erano stati 158 mila. Nel 2024 sono diventati 191 mila, in gran parte giovani. Un'indagine Istat ha rilevato che già tra gli adolescenti il 34 per cento da grande vorrebbe vivere, lavorare, farsi una famiglia all'estero.
Le cose non vanno meglio per chi rimane in Italia. Nel favoloso mondo di Meloni le tasse sono aumentate. Dopo il gran parlare di flat tax, rottamazione, condoni si scopre che paghiamo più tasse di prima. L'Istat ha certificato che nel 2024 la pressione fiscale è arrivata al 42,6 per cento del Pil, 1,2 punti in più rispetto all'anno prima. Ma la vera vergogna è che la bilancia della giustizia fiscale pende da una parte sola: quella dei dipendenti e dei pensionati. Lo spiega l'Istat: fatto 100 il totale delle entrate fiscali, 49 provengono dai salari e dalle pensioni, 17 dai lavoratori autonomi, 33 dalle imposte sui consumi. L'Irpef è diventata una tassa che grava per l'85 per cento su dipendenti e pensionati.

La menzogna disvelata. Possibile, viene da chiedersi, che l'orchestra mediatica riesca a mascherare i fallimenti del governo? Basta ripetere dieci, venti volte la stessa bugia per far credere sia la verità. Ma c'è un momento in cui la menzogna si disvela per quello che è. Quando ci serve un esame clinico, una visita specialistica, un posto letto in ospedale, una prestazione di pronto soccorso tutte le fanfaluche vanno a farsi friggere. Com'è potuto accadere tutto ciò? Secondo l'ultimo rapporto della Fondazione Gimbe, se non si corre ai ripari non riusciremo più a garantire un sistema sanitario universale in grado di rispondere ai bisogni della popolazione, Ci vogliono più risorse per rendere efficiente il servizio sanitario. Servono medici, infermieri, ambulatori. pronto soccorso, macchinari, personale stabile e pagato bene. Bisogna investire in sanità, altro che armi di Trump e satelliti di Musk.

LIBERETÀ GIUGNO 2025